7 novembre 2008
Tifosi moderni, quante contraddizioni
fonte: tarantosupporters.com
di Crudelia (07/11/2008)
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Cari i miei dalmata,
cari nuovi, tifosi, belli, puri e filosofi. Moderni. Distratti quando
il rendimento è normale, assenti quando è scarso, disinteressati a
tutte le panzanate dette o fatte dalla dirigenza del momento -purchè si
giochi al calcio-, perbenisti quando c’è da protestare, pigri borghesi
quando c’è da manifestare, moralisti quando gli altri, quelli brutti e
malsani, contestano. Particolari. Disinteressati della morte di
chicchessia –per una partita di calcio-, ma incazzati e provocatori, in
altre parole violenti, quando eventi extra-calcistici disturbano la
‘partita di pallone’.
Contraddizioni moderne, nostrane.
Il calcio attuale vuole aerei per le trasferte, ma i nostri si
accontentano di un autobus. L’immagine è tutto e vuole maglie e tute
griffate e sempre nuove, ma ai molti nostri tifosi puri e moderni vanno
bene anche se di seconda e terza mano. Il successo necessita di società
organizzate e alla moda, che fidelizzano e seducono i propri
sostenitori con strategie sempre diverse e brillanti, ma da noi ci si
accontenta di un modello societario che rispecchia più quelli
dilettantistici (bellissimi) degli anni ’80 che quelli manageriali
(bruttissimi) del nuovo millennio. La platea calcistica moderna accetta
che le società moderne operino in un mondo sportivo ormai legato a
doppio filo con logiche politiche, amministrative e affaristiche, ma
rigetta con forza ogni tipo di conflitto fra le parti, o quanto meno
nella migliore delle ipotesi pretende che non le riguardi da troppo
vicino, eppure dalle nostre parti accetta passivamente tutte le
diatribe sorte in questi anni e anzi idolatra una società in perenne
conflitto praticamente con tutti: la platea calcistica moderna delle
nostre parti, non si chiede quanta prudenza richieda l’analisi e quanto
difficile sia la comprensione di un modello di calcio che macina soldi
e che, per funzionare più o meno bene, deve fare i conti con leggi
normali, leggi speciali, interessi politici, interessi finanziari,
interessi televisivi, interessi pubblicitari e di immagine, stadi
fatiscenti e pubblici, comuni ovunque al verde, burocrazie,
incartamenti e procedure di vari enti quali comuni, questure,
prefetture. Non se lo chiede, perché l’analisi e la comprensione di
quanto ci sta intorno è noiosa, non interessa, però si schiera
prontamente dalla parte del pallone, che deve continuare a girare
normalmente e senza intoppi, in altre parole è tutto il resto che deve
girare intorno al pallone, non viceversa.
I tifosi moderni nostrani sognavano di vedere serie B e serie A entro
due e tre anni, e forse pensavano di poterci arrivare con
un’organizzazione spartana, ruspante, austera, per non dire precaria,
che per libera e oculata scelta è ‘essenziale’ praticamente su tutto e,
orgogliosa di esserlo, fidelizza e seduce i suoi sostenitori con
proclami e obiettivi da capogiro. E per raggiungere degli obiettivi
dimostratisi inarrivabili, molti e troppi tifosi hanno coccolato e
ovattato per lungo tempo un presidente già restìo ad ogni tipo di
confronto con chicchessia. Con il risultato che questi, messosi
coraggiosamente davanti alla ‘dura realtà’, è sembrato cadere dalle
nuvole.
E sembra doveroso adesso ridistribuire un po’ di colpe, perché la
campana di vetro che forse mercoledì scorso si è finalmente frantumata,
è stata colpevolmente e masochisticamente costruita da tutti coloro che
da mesi, anni, e a vario titolo, hanno impiegato tutto il loro tempo
prezioso per isolare il loro idolo da un malcontento che nel frattempo
è cresciuto, si è rafforzato ed è inevitabilmente esploso in tutta la
sua forza.
E complimenti.
Parliamo, agiamo, scriviamo e scrivo, dei nostri e miei sogni e
aspettative, ma spesso anche delle tante contraddizioni che si
respirano, io e anche chi come me sa di molto antico ma si sforza di
rimanere presente, anche in questo nuovo modello di calcio, facendolo
con fatica, dal momento che tutto quello che evolve, di settimana in
settimana –ultima, ma non ultima, la moderna trovata della tessera del
tifoso- non fa altro che ricordare che l’ideale che mi sforzo di
continuare a supportare fa parte di un calcio che ormai rifiuta
apertamente e aspramente chiunque sostiene e colora la sua passione con
modi e mezzi che sembra ‘debbano’ ormai appartenere al passato, e che
sembrano destinati ad essere cacciati con forza e con ogni mezzo al di
fuori delle mura di impianti che pure sono statisticamente sicuri già
da anni, e tutto questo nel nome dell’insicurezza percepita e del
palato fino di chi è disposto a imbellettarsi e sedersi ben composto in
uno stadio, in religioso e adulante silenzio, con rispettosa devozione
e non per la maglia ma per il dio pallone, pagando un costoso biglietto
o rateizzando la propria tessera del tifoso e magari andandone pure
fiero. Moderno, scalpitante e già in lista di attesa, disinteressato a
qualsiasi reale e necessaria riforma sportiva sociale e culturale,
perché troppo lunga e noiosa da attuare, desideroso solo di gustarsi
l’ora e mezza di calcio-spettacolo, anestetico efficace per affrontare
un sistema sociale e produttivo che dispensa morti e feriti sul lavoro,
smantella il tessuto sociale e solidale, lascia in braghe di tela i
comuni, chiede a gran voce la repressione di ogni dissenso e sembra ora
volere ufficializzare definitivamente il calcio come l’unico momento in
cui è concesso sognare, svagarsi, sbragarsi, illudersi che tutto fila
liscio. Quindi fuori: tutti i vecchi modelli di tifo e sostegno. Dentro
gli altri, anche se non si sa bene quali e quanti e anzi, forse
nessuno. Il calcio, se messo al di sopra di tutto, per me rappresenta
la morte del calcio stesso.
Ma voi, cari i miei dalmata, continuate pure a giocare. Tanto, checcazzovifrega?
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